Il pregiudizio è anche definito in psicologia un bias cognitivo, letteralmente, un giudizio non corrispondente all’evidenza e basato sull’interpretare le informazioni che ho e che mi portano ad un errore di valutazione.
Questo è quello che di solito faccio con la mia mente quando mi interfaccio con la fascia d’età più difficile in assoluto: quella che va dagli 11 ai 14 anni.
L’età degli studenti che come me oggi hanno avuto l’onore e il privilegio di sedere a pochi metri di distanza da Vera Vigevani Jarach.
Senza nessuna polemica e con il cuore in mano, in questo periodo della mia vita, ho questo pregiudizio per questa fascia d’età perché, mediamente ed erroneamente, li ricollego a dei fannulloni che ogni tanto mi capita di incrociare, che fanno i bulli per le vie del paese e che si credono forti solo perché hanno una sigaretta al lato della bocca.
Oggi il mio bias cognitivo ha ricevuto una bella e commovente lezione nel vedere questi ragazzini e queste ragazzine rapiti dalla Storia, commossi dalle parole di questa “nonna” che porta dentro di sé un bagaglio enorme e ben felice di condividere con loro la sua esperienza.
Il nostro Istituto Comprensivo, grazie al lavoro e alla volontà della Professoressa Ventimiglia (insegnante di Spagnolo), è riuscito ad organizzare questo incontro come traguardo per il percorso didattico che i ragazzi stanno affrontando durante l’anno scolastico e per celebrare allo stesso tempo la Giornata della Memoria.
Vera Vigevani Jarach, per i pochi che non lo sapessero, è vittima di due dei più grandi genocidi del secolo scorso: essendo ebrea, dopo le leggi razziali del ’38 si è trasferita con la sua famiglia in Argentina e dopo 40 anni il nome di sua figlia Franca, appena diciannovenne, si aggiunge al già lungo elenco dei desaparecidos vittime della dittatura di Videla.
Da lì a poco Vera, insieme alle altre mamme dei desaparecidos, fonda il movimento di resistenza e non violento delle “Madri di Plaza de Mayo”.
La “militante della memoria”, come ama definirsi, è stata accolta nell’Auditorium dalla Classe Musicale di I, Vera ha sottolineato come la musica sia il miglior mezzo di accoglienza in quanto non ha bisogno di interpreti o traduzioni: è un linguaggio universale che tutti sanno comprendere.
Trasmette poi il messaggio di come la Storia, purtroppo, si ripeta ciclicamente, che l’umanità riesce a fare dei passi in avanti, ma subito dopo ritorna indietro ripercorrendo le persecuzioni e i genocidi e purtroppo la storia attuale dei “genocidi del mare” non si distacca molto dai genocidi passati.
Vera ha portato un grande insegnamento oggi, ha donato la sua “ricetta” contro le brutture e l’indifferenza del mondo, ha sottolineato infatti ai giovani la positività di una democrazia che, se sfruttata nella sua potenzialità, riesce a donare i frutti migliori.
La democrazia fa in modo che la cittadinanza riesca a discutere, a proporre e a condividere ed è questo che ha suggerito ai ragazzi di fare ogni giorno tra loro: di ragionare con la propria testa e di non farsi abbindolare dai fanatismi che uccidono lo spirito critico di ognuno.
La ricetta di Vera è data da pochi essenziali ingredienti: il mai più silenzio, il conoscere la verità sempre, il superare la paura attraverso l’uso del proprio pensiero e anche della propria immaginazione ed, infine, la memoria da ripetere e riproporre.
Come ha sottolineato il fatto che nel giro di pochi anni, nel secolo scorso, si siano consumati i tre più grandi genocidi della storia (il genocidio degli armeni, la Shoah e le dittature nell’America Latina)mi ha colpito il fatto che però abbia voluto sottolineare che in un mondo pieno di “sbagliati” esista anche il rovescio della medaglia e che in ogni situazione ,seppur disumana e violenta, ci siano sempre stati i “giusti”, persone che non hanno voltato la faccia dall’altra parte ma che hanno tentato di cambiare le cose.
Questo per sottolineare il fatto che la cittadinanza, anche se repressa, anche se zittita dalla censura di una dittatura, se si unisce, come hanno fatto le mamme di Plaza de Mayo che si prendevano a braccetto per sostenersi, porta al cambiamento, alla difesa della dignità e della personalità umana.
Dopo il toccante e commovente racconto di Vera che parla senza sosta e senza stancarsi, dove tutti hanno ascoltato rapiti e profondamente trasportati, c’è un incontro diretto tra lei e i giovani: è il momento delle domande.
Vera vuole gli studenti lì accanto a lei ed è veramente motivo di orgoglio per me, che sono anche mamma, vedere la tenerezza di questi ragazzi nell’approcciarsi a lei e la felicità negli occhi di Vera di poter interagire con loro.
Il ricordo di sua figlia è vivo in lei e non solo per il suo nome, che si legge sul fazzoletto bianco che porta sul capo simbolo della sua lotta di resistenza pacifica contro chi gliel’ha portata via, ma il suo ricordo è vivo in ciò che racconta, nello sguardo materno che lascia sui ragazzi e nel ricordare continuamente di come lei, Franca e suo marito fossero “una piccola famiglia”.
Dopo gli interventi il Coro della Scuola ha regalato un altro momento di commozione e raccoglimento, per giungere poi ai saluti finali, dove Vera ha sottolineato ai ragazzi il valore essenziale dell’amicizia.
Devo dire grazie davvero agli Insegnanti organizzatori che hanno permesso anche a me, come membro del Comitato Genitori di Vimodrone, di partecipare, ma soprattutto, grazie per l’immenso regalo che hanno fatto ai loro studenti: riuscire a portare nel nostro Istituto una persona così carismatica ha sicuramente dato un valore aggiunto a tutto il percorso che i ragazzi e le ragazze stanno facendo.
E ringrazio anche loro, i ragazzi e le ragazze, per avermi fatto vedere il loro mondo da un’altra e non “etichettata” prospettiva.
E poi, come si dice? il destino…stasera concludo il libro che sto leggendo e arrivo a questa frase del filosofo Santayana: “Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”.
Gatti Monica
Comitato Genitori Vimodrone